Una esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico prima della pandemia è legata ad un rischio più alto di sviluppare una forma grave di Covid-19. E’ quanto ha stabilito una ricerca tedesca presentata a Euroanaesthesia 2022, il congresso annuale della Società europea di Anestesiologia e Terapia Intensiva (Esaic) a Milano da oggi a lunedì. Lo studio tedesco ha scoperto che “le persone che vivono in territori con livelli più elevati di biossido di azoto inquinante (NO2) avevano maggiori probabilità di aver bisogno di cure in terapia intensiva e di ventilazione meccanica in caso di contagio da Sars-CoV-2″. Aver respirato troppo biossido di azoto prima dell’emergenza ha reso l’organismo più vulnerabile al virus.
Susanne Koch, del dipartimento di Anestesiologia e Terapia Intensiva, Charité-Universitätsmedizin di Berlino, ha esplorato l’impatto dell’inquinamento atmosferico a lungo termine e la necessità di trattamento in terapia intensiva e ventilazione meccanica dei pazienti positivi. “Il team guidato dalla Koch ha monitorato i dati sull’inquinamento atmosferico dal 2010 al 2019, questi numeri sono stati utilizzati per calcolare il livello medio annuo di biossido di azoto a lungo termine per ciascuna contea della Germania. Questo variava da 4,6 µg/m³ a 32 µg/m³, con il livello più alto a Francoforte e il livello più basso a Suhl, una piccola contea della Turingia”, riporta la ricerca.
Il periodo preso in esame è stato dal 16 aprile al 16 maggio 2020, quando sono state revocate le restrizioni al lockdown, 392 delle 402 province tedesche sono state incluse nell’analisi. I ricercatori hanno anche valutato i fattori demografici (densità della popolazione e distribuzione per età e sesso), i fattori socioeconomici e i parametri sanitari, comprese le condizioni di salute preesistenti che possono influenzare la gravità del Covid-19. Ebbene, lo studio ha rilevato che c’era una maggiore necessità di trattamento…
Fonte www.adnkronos.com 2022-06-05 04:47:11