“La proporzionale torna di gran moda e chi, come il sottoscritto, è di quella scuola non può che rallegrarsene. A un patto però: ed è che non si metta il carro davanti ai buoi. Come invece temo si stia facendo.
La proporzionale infatti ha un grande merito: abbassa la temperatura politica del paese, liberandolo almeno in parte dalla febbre di certi estremismi. Ma essa ha anche un grande limite: per funzionare deve poggiare su solide basi di partito. E qui viene il difficile.
Detto altrimenti, e senza troppi giri di parole: sono i partiti che producono la proporzionale e non viceversa. Si può fare la proporzionale se ci sono in campo partiti degni del nome. Ma non si può fare la proporzionale contando che essa faccia nascere dal nulla partiti che non ci sono più (o che magari non ci sono ancora).
Così, chi vorrebbe una legge elettorale meno costrittiva e meno divisiva, chi vorrebbe liberare le forze politiche dall’obbligo di alleanze innaturali, chi vorrebbe sottrarre il nostro destino civile al demone della radicalizzazione, ha bisogno prima di tutto di rimettere mano -una robusta mano- all’identità dei soggetti in campo. E dunque occorre prima di tutto dedicarsi a cercare di ricostruire partiti che abbiano una cultura, un’identità, un significato, un progetto. Partiti che somiglino almeno un po’ alle parole che Mattarella ha rivolto loro, spronandoli, nel suo discorso di insediamento. Partiti cioè che promettano di durare nel tempo, e non di sfaldarsi alla prima occasione o al primo litigio. Partiti che ospitino al loro interno un dibattito, e accettino una sfida. Partiti che non sfigurino troppo al cospetto dei loro più augusti antenati. Pur sapendo che le cose non torneranno mai più al punto di prima.
Il punto debole di chi invoca la proporzionale (da ultimo, quasi tutti) è che questo lavoro di ricostruzione di un tessuto associativo non è neppure…
Fonte www.adnkronos.com 2022-02-06 10:09:45