Parlamento in panne per l’elezione dei quattro giudici costituzionali che dovranno reintegrare Silvana Sciarra (il cui mandato è scaduto nel novembre 2023), Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti (i cui mandati sono scaduti il 21 dicembre 2024). Dopo 13 convocazioni, e due sconvocazioni, l’ultima ieri, siamo ancora al nulla di fatto nonostante l’appello del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ed intanto si profilano tempi lunghi per la prossima seduta comune del Parlamento. Una situazione che allarma gli esperti, in quanto un obbligo costituzionale che tocca la funzionalità di un essenziale organo di garanzia si trasforma in un nodo interamente politico.
E’ l’accordo politico che detta i tempi in cui assolvere ad un obbligo costituzionale consentendo al Parlamento di sottrarsi se manca l’accordo? “No – risponde senza mezzi termini all’Adnkronos il presidente emerito della Corte costituzionale Giovanni Maria Flick -. L’obbligo costituzionale del Parlamento è tale che il presidente Francesco Cossiga ricordò che sarebbe stato costretto a sciogliere le Camere se non fossero state in grado di eleggere un giudice costituzionale (il 7 novembre 1991, in ragione dell’inerzia parlamentare nella reintegrazione del plenum della Corte – ndr). Non è infatti l’accordo fra le forze parlamentari a condizionare i tempi. L’elezione dei membri della Consulta è un dovere, non un accordo politico. Perché la Corte costituzionale è l’organismo di controllo, di verifica, di garanzia della costituzionalità delle leggi e delle risoluzioni dei conflitti”. “E una Corte funziona meglio e si esprime al meglio con tutti i membri e non solo con il minimo di essi per poter lavorare: Il prodotto del pensiero di undici giudici è inevitabilmente diverso dal prodotto del pensiero dei 15, nell’equilibrio delle triplici componenti del Collegio (capo dello Stato, magistrature di vertice e Parlamento)”.
Fonte www.adnkronos.com 2025-01-30 17:31:17