Il Parlamento in seduta comune per eleggere i giudici della Corte Costituzionale si riunirà giovedì prossimo. E’ rebus sui nomi in quota Fi ed ‘indipendente’ a parte le candidature almeno apparentemente blindate e convenute di Francesco Saverio Marini (in quota Fdi) e di Massimo Luciani (in quota Pd). Ma c’è un’altra ‘presunta’ certezza legata al ‘colore’ delle quote nello scenario spartitorio su cui si sarebbero accordate le forze politiche 2+1+1 (due giudici alla maggioranza, uno all’opposizione ed uno indipendente): in base alla regola stabilita un posto, quello del tecnico, andrebbe ad una donna. Qualche tentativo di colorare di rosa altre caselle è stato approcciato qua e là dalle forze politiche, ma si è risolto in una velleità, sgonfiatasi subito a conferma della regola.
Perché allora soltanto una casella su quattro è stata concessa alle donne, dal momento che tra l’altro a palazzo della Consulta solo 3 su 11 giudici costituzionali sono donne? “Se non vengono candidate è perché prevalgono logiche clientelari e non di merito. Oggi i nomi ci sono e non ci sono alibi come magari potevano esserci ai miei tempi. Io potrei farle almeno una decina di nomi di eccellenti costituzionaliste. Qualcuno faccia mea culpa“, risponde senza mezzi termini all’Adnkronos il presidente emerito della Corte costituzionale Antonio Baldassarre, giudice costituzionale dal 1986 al 1995 di un Collegio di soli uomini.
“Il problema è la sensibilità di chi sceglie, che spesso opta per un meccanismo clientelare, per giuristi che lavorano accanto o a fianco dei partiti o ancor peggio opta per parlamentari la cui esperienza giuridica non va oltre quella elementare di un avvocato… Per fortuna adesso hanno un po’ sfoltito… – chiosa -. E per fortuna il presidente della Repubblica nomina ogni tanto qualcuno che sta in disparte rispetto ai partiti. Però è troppo poco per compensare questa lacuna”.
Al momento,…
Fonte www.adnkronos.com 2025-01-24 15:44:14