Giulia, come ti definisci?
È difficile dirlo senza passare dal lavoro che faccio, che è una cosa molto indicativa del tipo di società che faccio. Sono una scrittrice, o faccio la scrittrice? Tutt’e due le cose, probabilmente, dato che non ricordo un momento della mia vita in cui io non abbia avuto voglia di scrivere, o trovato nella scrittura una gioia, un rifugio e il modo migliore per riordinare i pensieri e comunicarli all’esterno.
Parlando della condizione delle donne: cosa c’è ancora da dire? Cosa le donne non dicono, ma vorrebbero dire?
Partiamo dal presupposto che c’è pochissimo che le donne davvero non dicono. Le donne parlano sempre, comunicano sempre, si spiegano sempre. Il problema è che vengono pochissimo ascoltate, perché il punto di vista delle donne non interessa. Le donne vengono sempre raccontate da altri, e il maschile sovraesteso non è usato a caso, perché la nostra cultura filtra tutto attraverso l’esperienza e lo sguardo maschile borghese, l’unico che conta. Se c’è una cosa di cui le donne hanno difficoltà a parlare, però, è quello che ha a che vedere con i corpi e la loro integrità. I corpi delle donne non appartengono davvero alle donne: sono proprietà pubblica, e tutto quello che li riguarda è regolato secondo norme stabilite dagli uomini secoli, se non millenni fa. L’aborto, per esempio: non sono state le donne a stabilire che interrompere una gravidanza era un peccato mortale, di fatto impedendo alle donne di controllare la loro libertà riproduttiva. Oppure le molestie e le violenze di ogni genere, che vengono nascoste per vergogna o perché pensi che nessuno ti crederà.
C’è qualcosa che per tempo, come donna, non sei riuscita a dire?
Sono una persona relativamente fortunata: bianca, cisgender, europea, ho ricevuto un’istruzione superiore, ho il privilegio di poter usare la mia voce in uno spazio pubblico. Ho detto tutto quello che sentivo di poter dire. Se qualcosa…
Fonte www.adnkronos.com 2022-03-03 16:59:18