“Il Codacons prova a scoperchiare quello che riteniamo essere un vero e proprio vaso di Pandora pieno di tutti gli abusi commessi ai danni dei calabresi nella determinazione delle tariffe dell’acqua. Da quello scrigno – secondo l’Associazione di consumatori – emerge come le tariffe idriche applicate ai Comuni siano frutto di un meccanismo perverso che finisce per far lievitare il costo dell’acqua” – afferma Francesco Di Lieto, il vicepresidente nazionale – che ha già chiesto alla Procura della Repubblica di procedere al sequestro di tutta la documentazione presso gli Uffici Regionali e presso la SoRiCal per “scongiurare che tariffe illegittime continuino ad arrecare danno ai cittadini”.
La ricostruzione della vicenda
“Abbiamo provato a ricostruire la vicenda partendo dal principio – continua Di Lieto – ovvero dalla legge “Galli” che nel riorganizzare il settore idrico, ha stabilito come l’adeguamento delle tariffe dovesse avvenire, nelle gestioni in cui il sistema idrico non era “integrato”, mediante un “metodo normalizzato”. Quindi le leggi 172/95 e 448/98 hanno demandato al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), la determinazione e l’aggiornamento (gli aumenti) delle tariffe nelle realtà in cui le varie fasi del ciclo idrico (acquedotto, fognatura, depurazione) erano svolte in maniera disgiunta. Quindi spettava al Cipe – continua Di Lieto – determinare ed aggiornare le tariffe. In Calabria, fino al 31 ottobre 2004, gli acquedotti regionali sono stati gestiti da enti di diritto pubblico, dapprima dalla Cassa per il Mezzogiorno e quindi dalla Regione Calabria, per cui «la tariffa idrica applicata ai Comuni era determinata prevedendo esclusivamente il rimborso delle spese sostenute per assicurare il servizio. E così dovrebbe essere – prosegue Di Lieto – visto anche l’esito del referendum sull’acqua pubblica. Accade che dall’1 novembre 2004, la gestione degli acquedotti regionali sia stata…
Fonte calabria.gazzettadelsud.it 2022-02-26 10:03:45