“Due anni sono pochi e un abisso insieme. Abbiamo cambiato le nostre abitudini, il modo di vivere, ci siamo confrontati con guanti, mascherine, abbiamo capito il reale valore delle cose e, dopo tanti sacrifici, finalmente cominciamo a vederne i frutti e a respirare aria di normalità. Della pandemia mi porto dentro l’immagine delle strade deserte, quando mi muovevo per andare a lavoro. Da sola, in macchina, in una Milano vuota. Il coprifuoco, quelle file lunghissime al supermercato. Ero neolaureata quando è scoppiato il Covid: non dimentico la paura, l’incertezza, la preoccupazione dei miei genitori lontani da me”. A parlare all’Adnkronos è Alessia Bonari, infermiera simbolo della lotta al Covid.
Solo ventitrè anni quando è scoppiata la pandemia, si scattò una foto con i segni lasciati sul volto dai dispositivi di protezione, allora perfino introvabili e oggi diventati indispensabili. Una immagine diventata virale, il simbolo della guerra combattuta dal personale sanitario in prima linea, inizialmente senza armi né vaccini. “Ai no vax dico solo che mi dispiace – spiega Alessia – perché forse non si rendono conto dell’importanza della vaccinazione, che oltre a proteggere gli altri protegge anche noi stessi impedendo al virus di diventare letale. Non c’é stata, probabilmente, la comprensione di quella che è poi realmente la funzionalità del vaccino”.
“Oggi lavoro in ospedale, non ho mai smesso. La notorietà, tra Sanremo e il festival del cinema a Venezia, è stata una parentesi bellissima e inaspettata per me, lontana dal mondo dello spettacolo. Quando la mia foto con i segni della mascherina è diventata virale in maniera del tutto inaspettata, ho avuto però un po’ timore: ripostata sui social, mandata in onda sui telegiornali, il mio profilo improvvisamente diventato pubblico. E’ stato traumatico. Non credo – dice – che il Covid sparirà da oggi a domani, dovremo ancora conviverci un bel po’ ma è importante che la…
Fonte www.adnkronos.com 2022-02-20 14:23:15