“Nell’ultimo anno abbiamo visto un nuovo aumento delle nuove diagnosi di Hiv. Certamente gli anni del Covid non hanno potuto che bloccare in un certo senso il numero di persone che scoprono di essere sieropositive perché, da una parte forse non si sono esposti a contatti a rischio, ma forse chi si è esposto ha avuto paura di recarsi negli ospedali per fare un test Hiv”. Così Barbara Suligoi, responsabile del Centro operativo Aids dell’Istituto superiore di sanità, intervenendo ad Arezzo a margine dell’incontro dal titolo “L’emersione del sommerso delle malattie infettive in Italia: modelli organizzativi a confronto”.
L’evento, dedicato all’approfondimento di prevenzione, screening e ‘linkage to care’ in virologia, promosso da Gilead Sciences, è stato realizzato nell’ambito del Forum risk management per analizzare lo stato dell’arte dei percorsi di screening e presa in carico dei pazienti con epatiti virali o infezione da Hiv e la condivisione di modelli organizzativi territoriali.
“Pensiamo che attualmente in Italia ci siano circa 140 mila persone viventi con Hiv, di queste attorno a 14-15 mila forse non hanno ancora scoperto di essere sieropositive. Questo è un tema importante – spiega Suligoi – prima di tutto perché le persone che non sanno di essere Hiv positive non possono intraprendere le terapie antiretrovirali, che oggi sono estremamente efficaci”. Al danno personale di aggiunge quello “per la comunità perché – aggiunge l’esperta – i costi aumenteranno nel tempo se queste persone arriveranno a una diagnosi tardiva e con un sistema immunitario più compromesso. E infine, terzo fattore, probabilmente involontariamente, avranno trasmesso l’infezione ai loro partner”.
Il Centro operativo dell’Istituto superiore di sanità ha due obiettivi: la raccolta dei dati unificata e l’avvio di centri per la diagnosi delle malattie sessualmente trasmesse. “Adesso – precisa l’esperta…
Fonte www.adnkronos.com 2022-11-25 12:18:31