Sono quattro le crisi di governo gestite dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante il suo precedente settennato: la prima accompagnando senza traumi la diciassettesima legislatura alla sua naturale conclusione; le altre tre, tra le quali quella più lunga delle storia repubblicana (70 giorni), gestendo, dopo le elezioni del marzo 2018, un quadro politico privo di uno schieramento in grado di esprimere una maggioranza parlamentare, con una situazione resa poi più complicata dal manifestarsi della pandemia e poi dallo scoppio del conflitto in Ucraina, con tutte le conseguenze negative sul piano socio economico.
Ora, dopo la rielezione al Quirinale, un nuovo passaggio delicato da affrontare dopo le dimissioni del presidente del Consiglio Mario Draghi, respinte insieme all’invito rivolto al premier a “presentarsi al Parlamento per rendere comunicazioni, affinché si effettui, nella sede propria, una valutazione della situazione che si è determinata” dopo la decisione del Movimento 5 stelle di non partecipare alla votazione sulla fiducia posta al Senato sul decreto legge Aiuti. Una scelta, quella del Capo dello Stato, che non manifesta una divergenza con il presidente del Consiglio, come si è affrettato a chiarire l’ufficio stampa del Colle, parlando di “totale identità di vedute” tra il Capo dello Stato e l’inquilino di Palazzo Chigi.
Del resto a supporto della scelta di Mattarella si possono citare numerosi precedenti, confermando quindi una linea di continuità istituzionale con i predecessori e la volontà di servirsi sempre di quella “cassetta degli attrezzi” contenuta “nella Costituzione”.
Tutto ciò tenendo fede alla lezione del Presidente eletto dal primo Parlamento repubblicano, Luigi Einaudi, che “si servì in pieno delle prerogative attribuite al suo ufficio ogni volta che lo ritenne necessario”, con l’intento di “lasciare al suo successore ‘immuni da ogni incrinatura le facoltà che la…
Fonte www.adnkronos.com 2022-07-15 19:25:47