Alessandro Michele, direttore creativo di Valentino ha debuttato nella haute couture a Parigi con una teatrale collezione, intitolata “Vertigineaux”, in italiano Vertiginoso, presentata nel Palazzo della Borsa della capitale francese, sede insolita per un fashion show, dunque, anche questo un debutto. Davanti a un sipario blu notte che faceva da sfondo a scritte di luci rosse che davano i riferimenti storici, artistici, filosofici a ogni abito che usciva dall’ombra per essere ammirato, la collezione si è mostrata subito come una serie di capi spettacolari, da red carpet, lavorati con tutte le più complesse tecniche dell’alta moda. Ogni abito rappresentava teatralmente personaggi e correnti artistiche, storia e filosofia, regine e protagoniste delle fiabe (Alice) o della Commedia dell’Arte. Ad assistere a questo affascinante spettacolo della moda, un parterre de roi di cui hanno fatto parte sir Elton John, Alba Rotwacher, Colman Domingo, Carla Bruni Sarkozy, i brand ambassador Jeff Satur e Lim.yoona, Nick Cave.
Per Alessandro Michele tutta l’ispirazione è partita dall'”Infinito delle Liste” di Umberto Eco: “L’elenco -viene ricordato in una nota citando il grande semiologo e scrittore – è all’origine della cultura. Fa parte della storia dell’arte e della letteratura. E cosa vuole la cultura? Rendere comprensibile l’infinito. Vuole creare ordine, non sempre, ma spesso. E come, come esseri umani, affrontiamo l’infinito? Come possiamo afferrare l’inafferrabile? Attraverso elenchi, cataloghi, collezioni nei musei, enciclopedie e dizionari. L’elenco non distrugge la cultura, la crea”. “A Umberto Eco – spiega lo stilista – va il merito di aver portato un’interpretazione suggestiva di questo topos nel dibattito contemporaneo, raccogliendo e analizzando in dettaglio esempi che attraversano arte e letteratura: da Omero a Joyce, da Ezechiele a Gadda, passando per Arcimboldo, Calvino e Moreau. Eco menziona ‘la vertigine dell’elenco’ per evocare quella particolare sensazione prodotta dall’elencazione tumultuosa, sfrenata e ossessiva che spesso si ferma sull’orlo di un eccetera. Quell’eccetera crea una sospensione di fronte a qualcosa che può potenzialmente estendersi all’infinito, che non può essere contenuto o confinato. La vertigine nasce, infatti, dalla natura incompiuta di ogni possibile catalogazione. Giace nella sete di infinito che dimora in ogni cosa finita. Queste considerazioni mi hanno accompagnato durante la preparazione della mia prima sfilata di haute couture. E mi hanno spinto a immaginare ogni abito unico, finito e irripetibile, come un catalogo ininterrotto e potenzialmente infinito di parole: un elenco sgrammaticato che procede per accumulazione e giustapposizione. Quarantotto abiti: quarantotto elenchi”.
In ogni elenco, quindi in ogni outfit di Michele per Valentino, coesistono elementi materiali e immateriali: proporzioni misurabili, fili emozionali, riferimenti pittorici, note merceologiche, trapunte biografiche, trame cinematografiche, geometrie cromatiche, cuciture filosofiche, segni musicali, orditure simboliche, ricami linguistici, frammenti botanici, archetipi visivi, tessuti storici, intarsi narrativi, nodi (fiocchi) relazionali. Come se ogni abito evocasse, per associazione, una pluralità di mondi interconnessi: Luigi XVI, Maria Antonietta, Alice nel Paese delle Meraviglie, Arlecchino, Valentino Garavani, Vitruvio, Commedia dell’Arte, Crinoline, Paniers, Mosaici, Anni Venti, Cleopatra, Vitruvio, Posidonia, Shakespeare, Nietzsche. “Eccetera Eccetera” ripete la scritta finale della sfilata che termina sulle note di Romeo e Giulietta di Prokofiev.
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