“Le rifondazioni non hanno quasi mai portato una gran fortuna ai partiti che le hanno intraprese. In genere infatti tutti questi attraversamenti di confini avvengono quando la situazione appare compromessa, se non addirittura disperata. Il cambiamento di nome del Pci, a suo tempo, discendeva dalla crisi epocale del comunismo. Quello della Dc, qualche tempo dopo, faceva i conti con l’esaurimento di una lunga stagione di governo. Situazioni estreme, che non per caso hanno connotato -e accentuato- un passaggio epocale nella storia politica italiana.
I travagli del M5S sono meno drammatici, è ovvio. Ma la rottura tra Grillo e Conte, così aspra, e la caduta elettorale segnalata dalle ultime prove, sollevano una questione identitaria profonda e lacerante. Resta poco ormai dei ‘grillini’ della prima ora. Quel partito-nonpartito che appena sette anni fa aveva raccolto quasi un terzo dei voti e che di lì in poi s’era trovato a governare un’intera legislatura con tutte le sue conclamate ambizioni di cambiare le antiche regole della politica si trova a questo punto a dover reinventare se stesso. E a farlo, per giunta, nel bel mezzo di una faida -anche giudiziaria- tra le sue due figure più significative.
Il fatto è che la politica si vendica quasi sempre di chi la maltratta. E quella lunga semina di demagogia, quella pretesa di ‘diversità’ rispetto a tutti gli altri, quella illusione di cambiare tutto con la denuncia, la retorica e l’invettiva, tornano ora indietro a chiedere conto al M5S di quale uso ha fatto di quel capitale di fiducia che l’elettorato gli aveva generosamente affidato. Così, i nodi vengono al pettine e l’argomento non si può ridurre a quella sorta di referendum tra Conte e Grillo che s’è svolto la scorsa settimana e di cui ora sembra profilarsi una nuova edizione.
Quello che si capisce, da fuori e da lontano, è che Conte si trova a questo punto a gestire una sorta di…
Fonte www.adnkronos.com 2024-12-01 09:13:02