I casi di cronaca si susseguono e questo non fa che testimoniare un fenomeno in aumento, che colpisce specialmente i giovanissimi, ragazze in particolare: il Revenge Porn. Un rapporto di Nielsen – se ne parla anche in occasione del 25 novembre la Giornata contro la violenza sulle donne – ha permesso di evidenziare che, nonostante 9 ragazzi e ragazze tra i 18 e i 27 anni su 10 siano a conoscenza di cos’è il revenge porn, c’è una scarsa conoscenza delle eventuali conseguenze psicologiche e legali, sia per quanto riguarda la vittima, sia per l’autore. Dalla survey è emerso che 1 GenZ su 4 conosce una vittima di revenge porn, ma che la consapevolezza dei rischi legati alla condivisione di contenuti intimi non è così diffusa: il 50% lo rifarebbe
Come difendersi? Il sito Non mi violare appena inaugurato è un progetto di education sull’uso responsabile dello smartphone contro il Revenge Porn, realizzato da Motorola in collaborazione con Telefono Rosa, la associazione italiana che dal 1988 offre supporto alle vittime di violenza di genere, con il contributo di Polizia di Stato – Polizia Postale (e con il supporto di AC Monza, Pallacanestro Varese e UYBA Volley). Si accede ad una guida che fornisce gli strumenti per riconoscere le situazioni a rischio, proteggersi e agire: arricchita da consigli pratici, si propone l’ambizioso obiettivo di far comprendere che qualsiasi gesto di manipolazione e minaccia deve essere subito intercettato, al fine di scongiurare ogni forma di violenza più grave e che vi è una rete di professionisti che lavorano insieme per dare una risposta adeguata alle richieste di aiuto e a non far sentire le vittime mai sole. Un progetto education perchè reati online come molestie, diffamazioni, hate speech, cyberstalking, romantic scam e per l’appunto revenge porn, e ancora tutti i fenomeni che riguardano le più giovani, dal sexting alle social challenge con particolare riguardo a quelle che prendono di mira il corpo femminile, possono essere combattuti educando, soprattutto i più giovani a un utilizzo etico della tecnologia.
Cosa è il Revenge Porn?
l Revenge Porn, è la diffusione non consensuale di immagini o video intimi di una persona. Il materiale che configura il reato di revenge porn può essere sia scattato inizialmente in modo consensuale e poi condiviso con altri invece senza l’accordo della persona ritratta, o anche scattato o girato senza permesso fin dall’inizio. È possibile che questo materiale sia realizzato attraverso l’intelligenza artificiale, ad esempio con lo strumento del deepfake. Anche l’utilizzo del deepfake maggiormente utilizzato su personaggi famosi o noti, è passibile di reato in quanto configura un’aggressione alla libertà e alla sicurezza della persona. La condivisione può essere sia quella su siti dedicati proprio a questo, sia via social, sia via app di messaggistica privata. Ma non deve essere necessariamente attraverso strumenti informatici, anzi, tale particolare fattispecie – seppur è la più tipica – è prevista come aggravante del reato. La condivisione può avvenire con qualsiasi strumento, ciò che rileva è la diffusione, che può essere anche a mani, posta, consegna, affissione di manifesti o volantini. Nonostante la violenza possa avvenire con qualsiasi mezzo, lo strumento più tipico è lo smartphone, che vale per il 90% degli episodi di revenge porn. Non solo per chi riprende, ma anche per chi divulga le immagini in modo non consensuale, sono previste conseguenze legali. La fattispecie in Italia è punita dall’art. 612 ter del Codice Penale rubricato “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000. La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro documento. La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi.
Quali sono i comportamenti a rischio?
• Pressione da parte del partner / amici
• Archiviazione in un cloud non sicuro delle immagini
• Lasciare incustodito lo smartphone/pc o non protetto da password
• Condividere con altre persone le proprie password. Devono essere diverse per ogni social e bisogna cambiarle almeno ogni tre mesi. La gelosia del partner non è un buon motivo per rinunciare ai propri spazi, nemmeno online e potrebbe essere preludio di una sua intenzione di controllo .
• Accettare uno smartphone o un tablet già inizializzato. Questo regalo potrebbe rappresentare un tentativo di controllo attraverso specifici software delle interazioni online con gli altri. La riservatezza delle comunicazioni è un diritto costituzionale a cui nessuno deve rinunciare.
• Non impostare sullo smartphone un codice di accesso che deve essere mantenuto riservato, non attivare il riconoscimento facciale o l’impronta digitale. Nessuno può pretendere di avere il tuo PIN e di controllare il tuo dispositivo.
• Non rifiutare o non disattivare la localizzazione automatica se viene imposta dal partner come necessaria per ottenere la fiducia.
Esistono fattori di vulnerabilità psicologica che aumentano il rischio di cedere a determinate pressioni?
Ci sono diversi fattori di vulnerabilità psicologica che possono rendere alcune persone più inclini a cedere alle pressioni legate al revenge porn. Questi fattori possono essere influenzati da dinamiche sociali, emozionali e cognitive, e spesso rendono le persone più esposte al rischio di manipolazione.
Alcuni di questi sono: • bassa autostima • bisogno di approvazione e affetto • dipendenza affettiva • paura dell’abbandono, del giudizio e del rifiuto.
Esiste un modo per riconoscerli? Riconoscere i fattori di vulnerabilità psicologica che aumentano il rischio di essere coinvolti nel revenge porn richiede attenzione a segnali specifici nel comportamento e nel modo in cui le persone vivono le relazioni e la propria identità. Chi ha una bassa autostima spesso è una persona che tende a dire sempre di sì, non avere un pensiero critico verso il mondo, per paura dell’abbandono e del giudizio e spesso tendono a giustificare i comportamenti disfunzionali del partner, rivolgendo verse se stessi tutta la responsabilità per paura di rovinare la relazione. Frasi come “Non sono abbastanza” o “Sono io quella sbagliata”, “È colpa mia” sono tipici segnali di fragilità emotiva della vittima.
Quali azioni possono essere messe in campo per difendersi a priori, a parte evitare di scattarsi foto intime?
Dal punto di vista psicologico: Dialogo e ascolto attivo: creare uno spazio sicuro per parlare apertamente e senza giudizio può aiutare chi si sente vulnerabile a riconoscere i propri comportamenti.
Educazione digitale e emotiva: promuovere la consapevolezza digitale e la gestione emotiva attraverso incontri educativi o materiale informativo.
Supporto psicologico: incoraggiare l’accesso a percorsi terapeutici mirata a rintracciare le proprie risorse e bisogno, accrescere la propria autostima e lavorare sulla dipendenza affettiva e sui traumi pregressi.
Come difendersi?
Segnalazione sulla pagina web dedicata del GPDP:
1. https://www.garanteprivacy.it/temi/revengeporn Diffida alla persona che ha diffuso il contenuto. È utile, ma non indispensabile, rivolgersi a un avvocato per la diffida, anche per evitare di pregiudicare la propria tutela e la punibilità di chi ha diffuso le immagini. La diffida può essere scritta da chiunque, così come le FF.OO devono ricevere le denunce e attualmente in molti Uffici vi è personale specializzato per questi tipi di reati
2. Segnalazione ai siti dedicati come: • https://takeitdown.ncmec.org/it/ • https://stopncii.org/ • https://help.instagram.com/contact/383679321740945
3. Denuncia Forze dell’Ordine e in particolare agli Uffici della Polizia di Stato dislocati in ogni provincia, che possono essere anche raggiunti telefonicamente oppure attraverso una mail laddove necessario. Inoltre, c’è anche la possibilità di contattare il portale istituzionale della Polizia di Stato www.commissariatodips.it per chiedere una tutela: il portale rappresenta di sicuro uno spazio “protetto” nel quale chiedere informazioni ed avere velocemente l’accesso ad un aiuto pronto e qualificato contro ogni forma virtuale di aggressione.
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