Edoardo Leo, 52 anni, riflette sul maschilismo inconsapevole e sui comportamenti patriarcali che lui stesso non ha saputo tenere a bada, sul rapporto con i figli e con il padre con il quale non ha parlato per un sacco di tempo, sulla sua gavetta in salita e sulle battaglie dei giovani. Quello di Edoardo Leo non è il solo momento nel magazine Vanity Fair dedicato all’argomento violenza di genere e giovani: all’interno del numero anche un’inchiesta a partire dall’indagine di Fondazione Libellula condotta su 1.592 adolescenti tra i 14 e i 19 anni, secondo cui uno su cinque fa confusione fra ciò che è amore e ciò che è invece controllo e possesso. L’attore e regista, in occasione dell’uscita del suo nono film da regista, Non sono quello che sono dice: “La fase di preparazione del film ha acceso una luce sul mio maschilismo inconsapevole, sui comportamenti patriarcali che qualche volta non ho riconosciuto o tenuto a bada”. Per esempio rivela “ho realizzato di non essermi mai indignato guardando il pugilato, sport nobilissimo dove a un certo punto però una ragazza in costume sui tacchi sfila con il cartellone del round e gli spettatori la insultano per divertimento. Quando è uscito il film Mia (sulle relazioni tossiche tra i giovani, ndr), ho intimato a mia figlia di 14 anni: “Non permettere a nessuno di dirti come truccarti, come vestirti, a che ora uscire. Nemmeno a me”, e mi sono pure sentito figo. Non mi ha sfiorato invece il pensiero di chiedere a mio figlio, oggi 18enne, se è mai stato ossessivo, morboso, possessivo. L’altro giorno, davanti a una partita di calcio in tv, mi sono rivolto a un giocatore con un’espressione infelice: “Ma fai il maschio!. “Siamo tutti parte del problema”, osserva Edoardo Leo E quali soluzioni? “Fermarci: per riflettere su quello che diciamo e facciamo, per metterci in discussione. E, per quanto mi riguarda, spingere di più sul potere dell’arte”.
“Quando è stata uccisa Giulia Cecchettin ero in tournée a teatro e tutti parlavano della sua storia. Ho deciso di cambiare metà dello spettacolo: ho cominciato a leggere alcuni passaggi del monologo di Franca Rame Lo stupro e le domande agghiaccianti che nelle aule di tribunale vengono rivolte alle donne vittime di violenza sessuale.
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