“Nei prossimi anni probabilmente avremo la personalizzazione, almeno in larga parte, della gestione del paziente. Stiamo facendo degli studi che vanno verso una combinazione di target differenti per colpire la mielofibrosi”. Così Francesco Passamonti, professore ordinario di Ematologia, Università degli Studi di Milano e direttore di Struttura complessa, dipartimento di Oncologia e Onco-Ematologia del Policlinico di Milano, insieme ad Alessandro Maria Vannucchi, professore ordinario di Ematologia, Università di Firenze e direttore della Struttura complessa di Ematologia, Azienda ospedaliera universitaria Careggi, intervenendo oggi a Verona a un incontro con la stampa organizzato da Gsk, in cui sono state presentate le ultime novità terapeutiche per la cura di questa neoplasia del midollo osseo caratterizzato dalla proliferazione di globuli rossi anomali e dall’accumulo di tessuto fibroso.
La mielofibrosi – hanno spiegato gli esperti – colpisce circa 20mila pazienti negli Stati Uniti e, a livello globale, circa 1 paziente su 500mila. Sebbene la causa non sia del tutto nota, diversi fattori influenzano l’incidenza della malattia che può insorgere a causa della disregolazione della via Jak-Stat causata da mutazioni driver di 3 geni: Jak2, Calr e Mpl. La malattia si caratterizza per sintomi invalidanti come stanchezza, splenomegalia (ingrossamento della milza), sintomi sistemici e anemia. Quest’ultima, molto impattante nella qualità della vita, può peggiorare anche a causa di alcuni farmaci Jak inibitori impiegati. Recentemente in Europa è stato approvato un nuovo Jak inibitore, momelotinib, che migliora anche il sintomo dell’anemia, rendendo il paziente quindi meno soggetto alle trasfusioni, che possono arrivare anche a 2 a settimana.
“Stiamo disegnando studi clinici contro target sempre più specifici per personalizzare sempre di più la cura – sottolinea Passamonti – quindi per pensare a una terapia di combinazione o…
Fonte www.adnkronos.com 2024-04-24 14:18:00