“Proprio per la sua peculiarità dell’essere allergia di ‘prossimità’, quello della mimosa rimane un fiore certamente bello a vedersi ma da guardare a distanza, in forza di una sua potenziale capacità di nuocere per contatto diretto. Una ragione di più per lasciare gli steli di mimosa sui loro rami al fine di evitare inutili menomazioni alla bellezza delle chiome fiorite e, semmai, pur mantenendo la mimosa come simbolo dell’8 marzo, sforzarsi di andare oltre i rituali per dare a una celebrazione l’autenticità e il valore che merita”. Lo spiega all’Adnkronos Salute Mauro Minelli, immunologo e responsabile per il Sud della Fondazione di Medicina personalizzata (Fmp), in occasione della Giornata mondiale della donna che si celebra oggi e ha come simbolo proprio la mimosa.
“L’albero è uno di quelli sempreverdi, originario dell’Australia e introdotto in Europa agli inizi dell’ottocento. Ma, per raggiungere la sua popolarità, la mimosa dovette attendere il 1946, anno a partire dal quale i rametti di quest’albero eretto anche fino a 20 metri in altezza, dalle infiorescenze gialle e dalla chioma ampia e irregolare, furono scelti per rappresentare, ogni 8 di marzo, la Giornata internazionale della donna. Il termine ‘mimosa’, più specifico della specie arbustiva ‘mimosa pudica’ o ‘sensitiva’, deriva dal latino ‘mimus’ ovvero ‘attore’, per i movimenti con cui le foglie di questo arbusto sempreverde reagiscono a qualsiasi stimolo tattile o vibratorio – ricorda Minelli – Largamente utilizzata come pianta ornamentale, la mimosa predilige luoghi riparati, temperature non troppo basse e terreni tendenzialmente umidi. In parchi e giardini spesso viene fatta crescere a cespugli, ma molto diffusa è la coltivazione in serra finalizzata ad ottenere le gialle fronde fiorite nei periodi desiderati. Per contro, piuttosto modesta è la quantità di polline che essa libera in atmosfera”.
“I…
Fonte www.adnkronos.com 2024-03-08 14:53:18