Una cura contro la leucemia senza chemioterapia né trapianto di staminali. Uno studio targato Gimema (Gruppo italiano malattie ematologiche dell’adulto), coordinato da Robin Foà della Sapienza Università di Roma, conferma l’efficacia a lungo termine – oltre 4 anni dalla diagnosi – di una terapia che ha cambiato la storia della leucemia acuta linfoblastica Philadelphia positiva (Lal Ph+): un trattamento di prima linea basato sull’uso combinato di due farmaci che agiscono in modo mirato sul tumore, senza il ricorso a chemioterapia e trapianto di staminali. I risultati del lavoro sono pubblicati sul ‘Journal of Clinical Oncology’.
Cos’è la leucemia acuta linfoblastica, come cambiano le cure
La Lal Ph+ è il sottogruppo più frequente di leucemia acuta linfoblastica negli adulti – spiegano dalla Sapienza – con un’incidenza che aumenta progressivamente con l’età, tanto che negli over 50 anni può interessare un paziente su due. In passato era considerata il tumore del sangue con il decorso più infausto, perché poco rispondente alla chemio.
L’unica strategia potenzialmente curativa era il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche, raramente percorribile per la scarsa sensibilità alla chemioterapia e per l’età avanzata di molti pazienti. La prognosi è cambiata dall’inizio degli anni 2000 con l’introduzione nella pratica clinica degli inibitori delle tirosin-chinasi, mirati alla lesione genetica che caratterizza la Lal Ph+. In tutti i protocolli nazionali Gimema si è deciso di trattare i pazienti nella prima fase, detta ‘di induzione’, con un inibitore delle tirosin-chinasi associato a terapia steroidea, senza chemio. Si è osservato che si ottenevano così percentuali molto elevate di remissioni cliniche e limitati effetti collaterali, in pazienti di tutte le età. Gli inibitori delle tirosin-chinasi, inoltre, sono somministrati per via orale e quindi spesso a domicilio, con un vantaggio per…
Fonte www.adnkronos.com 2024-01-22 16:01:14