“Il rapporto tra medico e paziente è qualcosa che ha a che fare con l’empatia del clinico e quindi con la formazione che è stata data ai medici. Dobbiamo fare in modo che i nostri medici siano molto più epatici di quanto non lo siano ora. Un rapporto empatico tra medico e paziente, in un contesto di terapia cronica come nel caso dell’Hiv, rappresenta una delle chiavi del successo”. Lo afferma Andrea Gori, membro del dipartimento di Malattie infettive dell’ospedale Luigi Sacco di Milano, professore ordinario di Malattie infettive all’università degli Studi di Milano e presidente della sezione lombarda dell’Associazione nazionale per la lotta contro l’Aids (Anlaids Onlus), a margine della conferenza stampa di lancio della campagna ‘Hiv. Ne parliamo?’, promossa da Gilead Sciences con il patrocinio di 16 associazioni di pazienti e dell’Italian conference on Aids and antiviral research (Icar).
“Se si chiede ad una persona con una patologia cronica, sia essa il cancro o l’Hiv – osserva Gori – qual è il problema principale nella gestione della malattia e nel rapporto con essa, questa vi risponderà che molto dipende dalla possibilità di avere un medico di riferimento sempre presente, di cui si ha fiducia e da poter chiamare quando si ha bisogno. Quello tra medico e paziente è infatti un rapporto di estrema fiducia. I medici devono rendersi conto che questo rapporto è la chiave del successo ed è determinante anche per quel che riguarda l’aderenza terapeutica. Dobbiamo convincere le persone che curiamo che devono essere assolutamente aderenti alla terapia”. Sui trattamenti “stiamo passando da una terapia antiretrovirale da assumere quotidianamente per via orale – spiega il professore – alle nuove terapie iniettive long-acting, la cui somministrazione può essere fatta” ogni 2- 6 mesi. “Questo è un successo delle tecnologie e della ricerca, che cresce e deve continuare a crescere”.
Per troppi anni…
Fonte www.adnkronos.com 2023-11-27 08:15:59