Dopo una diagnosi di diabete di tipo 2, potrebbe non bastare l’attenzione alle calorie e ai nutrienti: un ruolo importante sarebbe determinato dal grado di lavorazione degli alimenti che finiscono nel piatto. Un elevato consumo di cibi ultra-processati, spesso di origine industriale, è infatti associato, in questi pazienti, a un aumento sostanziale del rischio di mortalità, sia per malattie cardiovascolari che per tutte le altre cause, indipendentemente dal fatto di aderire alla dieta mediterranea. Sono questi i risultati di una ricerca condotta dal Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’Irccs Neuromed di Pozzilli (Isernia), pubblicata sulla rivista scientifica ‘American Journal of Clinical Nutrition’.
Gli alimenti ultra-processati – spiega una nota di Neuromed – sono prodotti che hanno subito processi di trasformazione spesso intensi, realizzati, in parte o interamente, con sostanze che non vengono utilizzate abitualmente in cucina (ad esempio proteine idrolizzate, maltodestrine, grassi idrogenati) e che contengono generalmente diversi additivi, come coloranti, conservanti, antiossidanti, anti-agglomeranti, esaltatori di sapidità ed edulcoranti, il cui fine principale non è migliorare le proprietà nutrizionali degli alimenti, ma piuttosto quello di esaltarne il sapore, l’aspetto e prolungarne la durata. Snack confezionati, bevande gassate e zuccherate, pasti pronti per il consumo e i cibi fast-food sono solo una parte della realtà. Il livello di lavorazione di un alimento è una caratteristica che si può riscontrare anche in cibi insospettabili, come ad esempio yogurt alla frutta, cereali per la colazione, cracker e buona parte dei sostituti vegetali della carne.
Lo studio, condotto nell’ambito del progetto Epidemiologico Moli-sani, ha considerato 1.066 partecipanti affetti da diabete di tipo 2. “Esaminando l’evoluzione della loro salute nel corso di 12 anni – riferisce Marialaura Bonaccio, epidemiologa del…
Fonte www.adnkronos.com 2023-07-26 16:32:25