Anche l’età dell’uomo e i parametri del liquido seminale hanno un ruolo nella riuscita di un ciclo di procreazione medicalmente assistita. Su questo argomento è da tempo in atto un approfondimento scientifico in tutto il mondo e i dati raccolti in Italia dal gruppo Genera confermano l’esistenza di un possibile legame fra i cosiddetti outcome, cioè i risultati di un trattamento per l’infertilità. A evidenziarlo è uno studio presentato come poster oral al 39esimo congresso della Società europea di medicina della riproduzione ed embriologia (Eshre), in corso a Copenhagen in Danimarca.
“In questo studio – afferma Rossella Mazzilli, androloga del centro Genera di Roma – ci siamo domandati quale fosse l’impatto dei parametri seminali e dell’età paterna sui risultati embriologici e clinici nei cicli di fecondazione assistita eseguiti tramite Icsi (l’iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo all’interno dell’ovocita, che si oppone alla Fivet in cui i gameti sono lasciati ‘liberi’ di fecondarsi in vitro). In un nostro precedente studio, avevamo già notato un’associazione tra la presenza di un fattore di infertilità maschile severo (inteso come oligoastenoteratozoospermia, azoospermia ostruttiva e azoospermia non ostruttiva) e una riduzione dei tassi di fecondazione/blastulazione (cioè la capacità di un embrione prodotto in vitro di raggiungere lo stadio di blastocisti, necessario per avere le carte in regola nella strada verso la gravidanza). Non era stato evidenziato, però, nessun impatto sui tassi di euploidia allo stadio di blastocisti, cioè sul fatto che l’embrione, dopo aver raggiunto lo stadio di blastocisti, fosse anche cromosomicamente sano. Allo stesso modo, i risultati clinici erano apparsi per lo più indipendenti dalle caratteristiche del liquido seminale, una volta trasferite blastocisti euploidi”.
Attualmente i dati sull’effetto dell’età paterna sono controversi. Questo perché, spiega l’esperta, “la…
Fonte www.adnkronos.com 2023-06-27 10:21:47