Un dispositivo medico, dal pacemaker al defibrillatore, una connessione wireless e per l’hacker il gioco è fatto: si apre la porta per poter manipolare il software e creare un pericolo. L’obiettivo? L’azienda che li produce e anche il paziente che li indossa. Già Dick Cheney quando era vice presidente degli Usa chiese ai suoi cardiologi di rimuovere la funzione wireless dal proprio defibrillatore per paura di poter subire un attacco terroristico nei suoi confronti. Allora un eccesso da ‘spy story’ ma oggi diventato un filone da osservare con molta attenzione.
“Negli ultimi 5 anni sono stati registrati tra 150-200 attacchi hacker a dispositivi medici, fatti per estorcere soldi alle aziende che li producono – dimostrandone fragilità della sicurezza – o per minare la salute di personaggi politici. I dispositivi medici sono oggetti vulnerabili perché sempre più connessi e che ad oggi non hanno nessun tipo di normativa che ne garantisce la sicurezza da questo punto di vista”. A spiegarlo all’Adnkronos Salute è Gaetano Marrocco, professore ordinario di Campi Elettromagnetici dell’Università Tor Vergata di Roma e coordinatore del corso di studi in Ingegneria Medica, dipartimento di Ingegneria Civile e Ingegneria informatica. Che sulle paure dei diplomatici portatori di pacemaker, “ci sono stati casi di personalità diplomatiche in visita in alcuni paesi a rischio che hanno avuto fastidi fisici causati dal bombardamento magnetico generato a distanza”, avverte Marrocco.
E’ proprio nell’ateneo di Tor Vergata che oggi si svolge il convegno ‘Cyber4health’ che presenta l’osservatorio sulle vulnerabilità cyber e fisiche dei dispositivi medici. Nell’ambito delle attività di ricerca svolte in collaborazione con il Centro di competenza Cyber 4.0, l’Università Tor Vergata ha realizzato l’Osservatorio ‘C4h – Cyber4health’, una piattaforma per la sicurezza informatica dei dispositivi medici, tra le prime al mondo nel suo genere,…
Fonte www.adnkronos.com 2023-05-17 10:00:38