A Roccabernarda la ’ndrangheta esiste ed è capeggiata dal boss Antonio Santo Bagnato. Lo ha sentenziato la Cassazione che, venerdì sera, ha messo il sigillo sul processo scaturito dall’inchiesta Trigarium. Si tratta del nome dato all’operazione con cui la Dda di Catanzaro ed i carabinieri della Compagnia di Petilia Policastro – il 30 luglio 2018 – misero sotto scacco la cosca Bagnato ed i suoi sodali. Gli ermellini, dichiarando inammissibili i ricorsi delle difese, hanno confermato le 13 condanne – per oltre 121 anni di carcere – comminate il 19 gennaio 2022 dalla Corte d’Appello di Catanzaro. Le indagini dimostrarono che Antonio Santo Bagnato, dopo l’omicidio del 28enne Rocco Castiglione, avvenuto il 31 maggio 2014, prese il dominio di Roccabernarda.
Quel delitto di sangue (per il quale è alle battute finali il processo di secondo grado in Assise) venne organizzato e portato a compimento per ridisegnare le gerarchie mafiose nell’entroterra crotonese: la cosca dei Bagnato, a sua volta legata alle famiglie criminali dei Grande Aracri di Cutro e dei Comberiati di Petilia Policastro, si trasformò in “locale” di ‘ndrangheta, mentre il numero uno del clan, Antonio Santo Bagnato, divenne boss.
Le condanne diventate irrevocabili: ad Antonio Santo Bagnato sono stati comminati 24 anni e 6 mesi di carcere; Giuseppe Bagnato, 12 anni e 6 mesi; il collaboratore di giustizia Domenico Iaquinta, 6 anni e 1 mese; Antonio Marazzo, 18 anni; Antonio Cianflone, 16 anni e 8 mesi; Maurizio Bilotta, 14 anni e 3 mesi; Michele Marrazzo, 12 anni e 6 mesi; Salvatore Aprigliano, 5 anni; Emanuele Valenti Carcea, 4 anni e 3 mesi; Giovanni Iaquinta, 2 anni e 6 mesi di carcere; Luigi Piro, 2 anni; Domenico Colao, 1 anni e 6 mesi; e Salvatore Fonte, 1 anno e 6 mesi. Sono stati difesi, tra gli altri, dagli avvocati Mario Nigro, Sergio Rotundo, Luigi Colacino, Luigi Falcone, Luca Cianferoni e Marco Rocca.
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Fonte calabria.gazzettadelsud.it 2023-04-08 01:29:07