La riforma dell’Autonomia differenziata continua a generare tensioni in Calabria. Il disegno di legge approvato in via definitiva dal governo e firmato dal presidente della Repubblica, ora è atteso in Parlamento. Sarà in quella sede che si lavorerà per definire le materie e gli ambiti riferibili ai Livelli essenziali delle prestazioni, concernenti i diritti sociali e civili che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
La sfida vera, però, è rappresentata dalla forma di finanziamento dei Lep. Domenica scorsa il ministro per gli Affari regionali, Roberto Calderoli, ha indicato la strada che ha in mente – disegnata assieme ad un altro ministro, Raffaele Fitto – in un’intervista pubblicata dal Corriere della Sera. La strategia messa a punto prevede l’utilizzo dei Fondi nazionali ed europei di sviluppo e coesione non spesi della Programmazione 2014-2020. Con questa impostazione, tuttavia, il Sud rischia di essere penalizzato ulteriormente perché piuttosto che ragionare sul residuo fiscale e sull’attuazione della legge 42/2009, si utilizzano le risorse che sono già del Mezzogiorno: Por e Fondo di sviluppo e coesione. Un modo alquanto singolare di realizzare il principio di solidarietà nazionale previsto dalla nostra Carta costituzionale. «L’idea del ministro Calderoli non è solo folle – ragiona Santo Biondo, segretario generale della Uil calabrese -, ma addirittura incostituzionale. Infatti la Costituzione prevede che le risorse europee siano complementari e non sostitutive della spesa ordinaria che lo Stato deve ai territori. Il ddl Calderoli, purtroppo, alle Regioni del Sud non solo nega la solidarietà nazionale, legata a stretto giro al residuo fiscale delle Regioni più forti, ma sottrae anche quell’autonomia progettuale che sino a oggi l’Europa riconosce alle regioni per costruire i programmi operativi, finanziati attraverso i fondi europei, in base alla propria visione del territorio».
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Fonte calabria.gazzettadelsud.it 2023-03-28 01:29:09