«I miei genitori ci hanno visto lungo nel non sommergermi con l’eccessivo protezionismo che il mio handicap poteva scaturire. Sono cieco dalla nascita: una di quelle cose che non ti aspetti ma che arrivano. Mamma e papà, però, mi hanno trattato come un bambino uguale a tutti, spronandomi a superare ogni limite. Così, sono stato ripreso quando c’era un motivo valido e, allo stesso modo, abbracciato. Mio padre era medico. Mia madre professoressa di francese. Entrambi mi hanno insegnato a usare il bastone bianco; a tornare da solo a casa in pullman; a cercare la strada in piena autonomia, facendo affidamento al mio istinto, alle mie capacità». Ogni parola di Bruno Bertucci, giornalista e critico musicale, nato 65 anni fa a Cosenza, è un diapason che oscilla tra l’autoironia e l’umorismo, con note armoniose che descrivono la bellezza degli incontri di culture nuove, disvelano i segreti che porta con sé ogni volta che torna a casa dopo un lungo tragitto.
Valigia leggera, il suo inseparabile bastone bianco e nuovi timbri da mettere sul passaporto: sì, perché Bruno in 35 anni ha visitato ben oltre 44 Paesi, spostandosi tra l’Europa, l’Asia, l’Africa e l’America. Un’impresa incredibile che descrive nel suo libro “Allora ci vedo?” (Scritto.io, 2022). «Forse questo amore per la vita incerta di un uomo e la sua valigia è nato quando da piccolo sognavo sulle mappe a rilievo e su enormi atlanti aperti sul tavolo, percorrendone con le mani i contorni degli Stati insieme a mio padre, con quell’innata curiosità di conoscere. La chiamerei forse geografia della mente», confida Bruno.
I fili dei suoi racconti non sono aggrovigliati, ma seguono le tracce delle emozioni e delle sensazioni, con un ritmo meraviglioso che consente, a chi lo ascolta, di essere trasportato nei posti che racconta, senza averli potuti vedere. Come fa allora? Bruno esplora ogni luogo con gli altri sensi, soprattutto con l’udito. Fondamentale, il cosiddetto “sesto…
Fonte calabria.gazzettadelsud.it 2023-03-12 14:00:36