Sullo schermo di un cellulare il fermo immagine di un polmone spento, risucchiato nell’ombra. Per Marta è tante cose: il ricordo di un momento drammatico della sua vita ostaggio del long Covid, ma anche la spiegazione liberatoria della vera causa di quel malessere che l’ha tenuta per anni lontana dalla sua vita di sempre. “Mi sono ammalata a marzo 2020, ma il Covid è sempre qui, mi ha tolto tutto, e ultimamente anche il lavoro. E ora sto lottando per rimettermi in carreggiata”. Marta Esperti, 34 anni, è la portavoce di una categoria dimenticata: le persone, in particolare quelle più sfortunate che sono state colpite dal virus durante la prima drammatica ondata di contagi, che hanno lottato per lunghi mesi, prima di poter dare un nome alla loro sindrome.
“Ora sono migliorata, in particolare dopo aver preso gli antivirali per un periodo più lungo di 5 giorni in una sorta di sperimentazione, ma non sono ancora come prima, è un recupero molto lento. Nei momenti più difficili in cui non avevo nessun farmaco che mi aiutasse, è stato come essere uno zombie, come essere morta ma viva per miracolo e sempre sul punto di non farcela. Non mi reggevo in piedi, era come se non avessi controllo sul mio corpo”, racconta all’Adnkronos Salute. Marta ha conosciuto l’ospedale in piena crisi Covid, ha sperimentato l’ormai nota ‘tempesta di citochine’ che uccideva le persone quando ancora non si sapeva come affrontarla, sa cos’è la fame d’aria e dipendere dall’ossigeno. Ha sperimentato anche la nebbia cognitiva: “Un giorno ero a Roma alla cassa di un ospedale per pagare delle prestazioni e dalla mia testa sono improvvisamente spariti i numeri del Pin della mia carta. Eppure quel codice l’avevo usato fino a poco prima. Quei numeri non sono mai più tornati”.
Prima di Covid, era una donna in costante movimento: “Lavoravo – racconta – ero dottoranda e insegnavo scienze politiche in due università, Paris Sorbonne e Lille. Avevo una vita piena e…
Fonte www.adnkronos.com 2023-01-23 13:59:42