Diciannove anni e sei mesi a Francesco Grande Aracri, 12 anni al figlio Paolo. Sono le condanne decise dal tribunale di Reggio Emilia al termine del processo “Grimilde”sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Emilia e in particolare nella zona di Brescello, unico comune emiliano-romagnolo della storia ad essere stato sciolto per mafia. Le pene decise per padre e figlio e per gli altri imputati sono più basse di quelle chieste dalla pubblica accusa, rappresentata dal pm della Dda di Bologna Beatrice Ronchi e ci sono state cinque assoluzioni, ma i giudici hanno riconosciuto l’associazione mafiosa ai due Grande Aracri, pur prosciolti da alcune accuse: in particolare per Francesco è stata esclusa l’aggravante di essere promotore dell’associazione. Le altre nove condanne vanno dai sei anni e quattro mesi di Domenico Oppido a un anno e quattro mesi di Antonio Rizzo, Francesco Paolo e Giuseppe Passafaro. Poi due anni e quattro mesi a Gregorio Barbero, tre anni e otto mesi a Gaetano Oppido, due anni a Pietro Passafaro, due anni e quattro mesi a Matteo Pistis, due anni a Roberto Pistis. Per i Grande Aracri sono state disposte anche provvisionali per le parti civili: 150mila euro alla presidenza del Consiglio, 80mila alla Regione Emilia-Romagna, 100mila al Comune di Brescello, 60mila a quello di Cadelbosco Sopra, 40mila al Comune di Reggio Emilia, 40mila ciascuno a Uil, Cgil, Cisl Emilia-Romagna, Camera del Lavoro di Reggio Emilia, Libera, 30mila ad Avviso pubblico.
«La sentenza riconosce la consistenza dell’impianto accusatorio, soprattutto rispetto ai due principali imputati, Francesco e Paolo Grande Aracri, ritenuti appartenenti alla ‘costolà di Brescello della stessa associazione mafiosa giudicata dal processo Aemilia», commenta l’avvocato Andrea Gaddari, che assiste la Cgil Emilia-Romagna. “Riconosciuta anche la sussistenza del reato di caporalato, particolarmente importante per la Cgil e per le altre organizzazioni sindacali, che sono state…
Fonte calabria.gazzettadelsud.it 2022-12-15 19:58:57