Mentre è in uscita il film documentario “Figli del minotauro/Storie di uomini e animali”, ci si chiede: può la narrazione della Calabria emendarsi dall’immagine di terra di ‘ndrangheta, dal peccato originale di essere regione povera e terra di emigrazione, dagli stereotipi più comuni, dal trash sfrenato della promozione bronzea? Sembrerebbe finalmente possibile una nuova via del racconto in Calabria, letterario e cinematografico, grazie ad una generazione di autori che riescono a cogliere nel contemporaneo i segni di una civiltà contadina ancora assai vitale . E’ questo il caso del film documentario “Figli del minotauro/Storie di uomini e animali” di Eugenio Attanasio, prodotto dalla Cineteca della Calabria, che viene presentato giovedì 24 novembre in concorso al Catania Film Fest, un’opera aperta sul pastoralismo, che pone per una volta la Calabria al centro di una riflessione antropologica sulle società sviluppatesi nel Mediterraneo. A sostegno e promozione del film e del libro si è formato un gruppo di sostenitori, “figli del Minotauro” appunto, composto fra gli altri da Salvatore Tozzo, Domenico Levato, Giuseppe Gallucci, Elisabetta Grande, Elia Panzarella, Luigi Stanizzi.
Protagonisti dell’epico racconto della transumanza, inteso come metafora di un cammino di uomini e animali, sono i mandriani, eredi di una cultura millenaria che permane ancora oggi, e che parte dal Mesolitico, quando uno dei primi artisti della preistoria raffigurò l’immagine del Bos Primigenius nella Grotta del Romito di Papasidero, uno dei siti più importanti del mondo. Ancora non sono noti i motivi ispiratori di questi primi uomini che scelsero i bovini come soggetti delle loro straordinarie opere, tra Papasidero, Lescaux, Altamira e Chauvet, ma si è certi che risalgano ad un periodo anteriore alla domesticazione, quando l’animale rappresentato evocava un’idea di forza, di potenza, di fertilità…
Fonte calabria.gazzettadelsud.it 2022-11-22 10:21:38