La storia recente è un incastro di trame dolorose, di numeri che raccontano solo in parte le biografie di una umanità lacera e sempre più sofferente. Sono donne e uomini, sono bambini e anziani. Sono persone senza volto, ripiegate su sé stesse. Sembrano corpi di una vita che viaggia nella notte come in un romanzo disperato. Sono ultimi perché il lungo lockdown li ha fatti finire in fondo alla fila, senza più un lavoro, senza più certezze. La guerra e l’iperinflazione energetica hanno finito per modellare il popolo dei “senza tutto”. Di quelli che non hanno più niente da perdere di cui parlano spesso le statistiche aritmetiche che continuano a sprofondare sotto la soglia della povertà seguendo grafici che sembrano impazziti. L’incidenza delle famiglie indigenti continua a crescere in tutto il Mezzogiorno e la Calabria si colloca in fondo alla graduatoria delle regioni italiane, seguita solo da Campania e Puglia. Prima la schiavitù del virus, poi i rincari dei prodotti energetici che hanno spinto sui prezzi di tutti i beni, compresi quelli alimentari, hanno ridotto molta di quella gente in condizioni di grave “deprivazione materiale” più che altrove. La perdita di occupazione e la difficile ripartenza delle piccole attività imprenditoriali locali sta facendo dilatare i confini della povertà modificando anche l’identikit dell’individuo in stato d’indigenza.
Questione meridionale
Da quando è stato attivato, in Calabria i nuclei percettori del RdC hanno ricevuto circa 200 milioni di euro, in media 550 euro al mese, per una platea di persone che oscilla da 178mila nel 2019 a 100mila nei primi nove mesi del 2022 (il picco si è avuto nel 2021 con ben 240mila persone coinvolte). In 59 comuni calabresi, una famiglia su cinque è beneficiaria del RdC, con evidenti effetti sulla tenuta sociale di quelle comunità. Nelle principali città calabresi, questa quota oscilla tra il 16% e il 22%. Si tratta di numeri ragguardevoli: nel…
Fonte calabria.gazzettadelsud.it 2022-11-21 02:30:52