«Un calabrese che cura un calabrese è tutt’altra cosa». Parte da questo “afflato” sentimentale impregnato di senso appartenenza, il coro di “sì” con cui i giovani medici esprimono la loro volontà di affermarsi nella loro terra. Non ne hanno fatto mistero al presidente dell’Ordine Pasquale Veneziano e al direttivo in occasione del recente ed emozionante giuramento d’Ippocrate che li ha visti protagonisti e adesso ritornano su questo “atto di amore” in questa carrellata di voci.
«Sono andata via per migliorarmi, ma anche per ritornare», ammette Carla Ammendolia di San Giorgio Morgeto, che frequenta la specializzazione di Chirurgia generale Trapianti all’Umberto I di Roma ed è molto attratta dalla sfida solidaristica della donazione degli organi.
«Molti di noi nutrono il desiderio di legare i loro successi alle radici natie ma c’è anche preoccupazione per la mancanza di mezzi e servizi che rende tutto in salita», incalza il reggino Luca Pistone (Psichiatria alla Federico II di Napoli), che commenta ancora: «Il problema sono le attrezzature adeguate quando si torna dalle nostre parti; nel mio caso, in particolare, serve una rete di comunicazione con il territorio e manca la psichiatria sociale».
Hanno investito nella cultura dell’emergenza Ludovica Bognoni e Nicole Carabetta, entrambe specializzande in Cardiologia. Dice la prima, che lavora al San Raffaele di Milano: «Sono consapevole che non sarà facile trovare una adeguata qualificazione nella mia terra perché i posti nella mia specialità sono tutti coperti con lo scorrimento della graduatoria. Ma non mi darò per vinta».
Leggi l’articolo completo sull’edizione cartacea di Gazzetta del Sud- Reggio Calabria
© Riproduzione riservata
Fonte reggio.gazzettadelsud.it 2022-09-25 01:32:31