Non sempre lasciare andare oggetti, ricordi e persone è facile. Tenere cose per sé è completamente normale, così come collezionare o accumulare oggetti e ricordi. Vi sono casi in cui, però, questo atteggiamento diventa patologico, ovvero quando il bisogno di acquisire questi beni – senza peraltro utilizzarli o gettarli via – si traduce in una pesante limitazione delle attività di tutti i giorni, a partire dall’igiene, alla pulizia degli spazi, al riposo. La difficoltà di liberarsi degli oggetti diventa dunue disfunzionale, e si traduce in una vera e propria patologia, nota come disturbo da accumulo o disposofobia. A parlarne è Paola Mosini, psicologa e psicoterapeuta del Centro psico medical care dell’Humanitas, che illustra anche quali sono le ‘spie’ da non sottovalutare, ‘anticamera’ della malattia.
Tra i campanelli di allarme, ci sono alcuni segnali che i familiari devono cogliere perché si tratta di comportamenti sufficienti per rivolgersi a uno specialista: si va dalla difficoltà nella gestione economica della casa alla presenza di discussioni in famiglia causate da eccessive ‘cose in casa’ che generano disordine; dall’eccessiva tendenza a fare scorte alla tendenza alla procrastinazione di comportamenti di riordino, fino alla riduzione delle relazioni sociali e al ritiro dalla vita sociale, spesso alla chiusura dentro casa. Un intervento precoce – si spiega nell’articolo – permette di prevenire l’aggravamento di condizioni cliniche sottosoglia che col tempo possono addirittura arrivare a compromettere il benessere psicologico di una persona e dei propri familiari.
“Chi soffre di disposofobia – spiega l’esperta sulla newsletter dell’Irccs lombardo – tende ad accumulare senza freni, e non sembra curarsi del fatto che l’accumulo stesso riduca o persino impedisca di girare per casa. In questi casi patologici di compulsione di accumulo si sviluppa la paura di buttare via ciò che si colleziona. Vi è la tendenza a…
Fonte www.adnkronos.com 2022-08-17 11:59:23