Un pezzo di storia della Viola se n’è andato. L’ha fatto troppo presto, ad appena 55 anni. Gustavo Tolotti, questa volta, ha spiccato un salto altissimo. Fino in cielo. Ha cercato di stoppare anche il terribile male che l’aveva colpito in maniera subdola e silenziosa, ma non ce l’ha fatta. Ha sbagliato il tempo del salto e se n’è andato con quel sorriso dolce che lo contraddistingueva e che tutti avevano imparato ad apprezzare.
Per i tifosi della Viola Gus era un mito, un campione assoluto in campo e fuori. Sempre gentile, educato e disponibile con tutti. Gustavo, poi, era buono. Una persona perbene. Chiunque abbia avuto la fortuna di incrociare la sua strada e di conoscerlo non potrà che confermarlo. È arrivato nella grande famiglia della Viola dalla Lombardia (Crema), che era poco più di un bambino ed è rimasto per 12 lunghi anni facendo anche il record di presenze tra tutti i i cestisti che hanno vestito quella gloriosa canottiere nero-arancio.
Alto 207 centimetri, con braccia ancora più lunghe, e magro come un chiodo, Tolotti era, oltre che bravo, anche un giocatore spettacolare. Era il compagno di squadra cui tutti volevano bene. Dominava sul parquet quando era in giornata, qualche volta, invece, si addormentava. Un giocatore volante. Volava sulla testa degli avversari e schiacciava a canestro con forza, oppure conquistava rimbalzi ad altezze siderali proibite per i normali esseri umani. O ancora in difesa, quando arrivava in aiuto al compagno stoppava tutto quello che si avvicinava a canestro. Era magro, Gustavo. Forse anche troppo. Ma ciò non gli impedì di indossare anche la maglia azzurra perché aveva grande talento.
Alla Viola provarono anche a fargli mettere su muscoli per reggere meglio l’urto sotto canestro contro le “bestie” americane. La signora Rosa, al termine del primo campionato di A, lo riempì di piattoni di pasta, ma il risultato fu quasi nullo. «Che hai…
Fonte reggio.gazzettadelsud.it 2022-07-16 21:37:01