Una terrazza sullo Stretto di Messina, un luogo geograficamente strategico posto sulla collina di Catona, una realtà che poteva rappresentare uno dei fiori all’occhiello di Reggio Calabria, ma che ben presto negli anni si è trasformata in una vera e propria polveriera.
Arghillà continua ad essere un figlio senza genitori, continua ad essere “terra di nessuno” nel colpevole disinteresse generale delle istituzioni che da queste parti latitano. Arghillà è l’ennesimo quartiere lasciato nel più totale abbandono, in una città che, seppur a fatica e con molti limiti, continua a specchiarsi nel suo kilometro più bello d’Italia. Finito quello, però c’è un altro mondo, c’è una città, ci sono intere frazioni, quartieri e agglomerati urbani che vivono nel terzo mondo tra la spazzatura che, nonostante i progressi degli ultimi mesi, continua ad essere l’emblema di una Reggio incartata nei problemi di sempre, di una Reggio senza identità, anemica, senza una guida a tutti i livelli.
E allora ecco che Arghillà corre seriamente il rischio di vivere un’altra estate drammatica tra acqua che non già non c’è, tra la spazzatura che invade le strade (e sono ricominciati già gli incendi), tra il degrado generale (emblematico il caso di piazza don Italo Calabrò, un luogo in cui quattro anni fa il sindaco Falcomatà frequentava in occasione dell’anniversario della morte di Giovanni Falcone. Un luogo che però oggi si mostra in tutto il suo degrado e in tutto il suo abbandono, una piazza usata come “parcheggio” di carcasse d’auto bruciate, dopo essere state rubate ed essere state “ripulite” dei vari pezzi).
Siamo stati nuovamente ad Arghillà dove i cittadini si sentono abbandonati, dove Giovanni Votano (coordinatore del Comitato di Quartiere) si trova sempre più solo a combattere e a chiedere risposte all’amministrazione comunale, dove la signora Maria Teresa Crucitti (lei come tante) inizia a dover convivere…
Fonte reggio.gazzettadelsud.it 2022-05-25 01:30:50