“Può sembrare un viaggio di routine quello che il presidente del consiglio Draghi si appresta a fare la settimana prossima negli Stati Uniti. Giusto il tempo di riaffermare la storica alleanza atlantica e di valutare assieme gli sviluppi della guerra in Ucraina. Non molto più di una photo opportunity, come le tante scattate in questi decenni sul prato della Casa Bianca.
E invece, tanto di routine non sarà. Un po’, è ovvio, per la portata della crisi internazionale che stiamo attraversando. E un po’ -e questo è già assai meno ovvio- perché l’insieme della politica italiana tende a fare proprio un sentimento assai meno filo-americano rispetto anche solo a qualche mese fa. Cosa che dovrebbe forse indurre il premier a promuovere un chiarimento tra i “suoi” partiti ancor prima di decollare.
Si dirà che non è la prima volta che in Italia si sente l’eco di un sentimento critico e perplesso verso il nostro principale alleato. Perfino negli anni in cui le maggioranze politiche si fondavano sul consenso di Washington (e sulle logiche inesorabili della guerra fredda) non mancavano voci più critiche e sospettose. Ai tempi di De Gasperi, Dossetti si oppose finché poté al patto atlantico. Moro non lo votò, sia pure per personalissime ragioni familiari. E qualche anno dopo Andreotti, in cerca di consensi a sinistra, rese pubblica l’esistenza di Gladio con un gesto che di sicuro non venne apprezzato oltre oceano.
Insomma, a militare contro gli Stati Uniti non erano solo i ragazzi che scendevano in piazza tifando per i vietcong e denunciando le malefatte dell’”imperialismo”. C’era anche una significativa parte dell’establishment che diffidava della potenza americana e si prodigava per ridurre alcuni margini della sua influenza. Così, perfino allora, il vincolo stretto della nostra alleanza finiva per mescolarsi con diffidenze, incomprensioni, diversità di vedute. Certo, le maggioranze di governo si formavano…
Fonte www.adnkronos.com 2022-05-01 09:11:10