E’ ripreso dopo la pausa pasquale il processo “ndrangheta stragista” in corso dinnanzi alla Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria. Alla sbarra, già condannati in primo grado all’ergastolo, l’ex capo mandamento di Brancaccio, Giuseppe Graviano, e Rocco Santo Filippone, esponente della ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro, individuati come i mandanti dell’agguato mortale del 18 gennaio del 1994, contro i carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, assassinati in servizio nei pressi del vincolo autostradale di Scilla. A rispondere alle domande, come “testimone assistito”, del Procuratore generale di udienza, Giuseppe Lombardo, il dichiarante Antonino Parisi, 64 anni, originario di Caronia (Me). Parisi, nel corso della sua lunga testimonianza resa oggi in Corte d’assise d’appello, nonostante i tanti “non ricordo”, ha raccontato di avere saputo, durante un periodo di detenzione comune nei carceri di Mantova e Opera, dal boss di Gioiosa Jonica, Vittorio Jerinò, di una riunione «svoltasi nella zona alta di Archi (periferia nord di Reggio Calabria), tra personaggi della ‘ndrangheta, dei servizi segreti – tra cui una donna – e politici, tra cui Silvio Berlusconi, in una casa posta sotto sequestro giudiziario».
Parisi, a lungo vicino al boss della ‘ndrangheta in Lombardia, Francesco Coco Trovato, ha ripercorso la sua carriera criminale accanto a Coco Trovato, fatta di rapine, traffici di droga e di armi, intimidazioni, «pur senza avere commesso mai omicidi, perché si trattava di reati che solo gli affiliati potevano eseguire». Parisi, ha raccontato la crescita nel mondo del crimine di Francesco Coco Trovato, «che poteva contare su circa diecimila uomini in Lombardia, e che favorì il matrimonio della figlia Giusi con Carmine De Stefano per allargare la famiglia». Antonino Parisi, che aveva iniziato a collaborare nel 1993 con l’ex pubblico ministero di Milano, Armando Spataro, ha affermato che «la collaborazione durò circa…
Fonte calabria.gazzettadelsud.it 2022-04-20 14:38:05