Davanti a lui aveva la strada che lo divideva dai suoi bambini. E dal vetro anteriore del pulmino sembravano scorrere quei versetti del Vangelo che invitano all’azione: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Don Giuseppe Tedesco della parrocchia di San Giuseppe di Busto Arsizio è il prete che proprio nei primi giorni del conflitto ha fatto parlare tutta Italia di sé, rispondendo all’accorato appello di aiuto dei bambini che volevano scappare dalla guerra.
Un uomo di Dio che affonda radici non troppo lontane a Palmi, considerando che proprio suo papà è un emigrato dal cuore grande che non ha mai dimenticato la sua terra. E che, di fatto, è diventato un nonno per i bambini ucraini: «È vero – esclama con tono sorpreso non appena gli evidenziamo le sue origini meridionali – sulla carta d’identità c’è scritto che sono nato al Nord, ma papà Rosario è un emigrato, innamorato della Calabria, a cui credo che farà immenso piacere sapere che qualcuno si è ricordato di questo forte legame della nostra famiglia».
Ben prima dei rumori di guerra, e poi del drammatico scontro che da quasi due settimane dilania l’Europa dell’Est, i bambini di Chernobyl frequentavano la comunità di Busto Arstizio e l’oratorio. I piccoli che sono nati e cresciuti in un ambiente contaminato, approdavano infatti periodicamente in Italia sia per il risanamento terapeutico che per respirare aria salubre. E qualcuno di loro veniva accudito direttamente e con tanto affetto proprio dai Tedesco: «Quando è scoppiata la guerra – racconta il parroco – io ho ricevuto il messaggio di uno di loro che tra l’altro è stato ospite con suo fratello della mia famiglia, quindi curato e accolto non solo da me, ma pure da mia sorella e dai miei genitori. Il primo messaggio del bambino, orfano di mamma, è stata la richiesta di una preghiera. Cosa che mi tocca…
Fonte reggio.gazzettadelsud.it 2022-03-10 12:30:30