“Fino a non molti anni fa per i tumori conoscevamo pochi elementi. Per il cancro al seno, per esempio, sapevamo come si presentava al microscopio (esame istologico), se poteva avere o meno dei recettori per gli estrogeni. Successivamente è stato identificato il recettore Her2 che si presenta nel 18-20% delle diagnosi di tumore della mammella. A queste conoscenze se ne sono aggiunte altre che riguardano caratteristiche peculiari dei diversi tipi di tumore, per poterli trattare in modo specifico. Oggi, per la scelta della terapia mirata è importante verificare la presenza o meno di una mutazione del gene PIK3CA“. Così Claudio Zamagni, direttore dell’Oncologia medica senologica e ginecologica dell’Irccs Policlinico Sant’Orsola di Bologna, in un’intervista pubblicata sul sito di Alleati per la Salute, il portale dedicato all’informazione medico-scientifica realizzato da Novartis.
“Il gene PIK3CA – spiega Zamagni – codifica per la produzione di enzimi PI3K che sono fondamentali per la trasmissione, dalla superficie della cellula tumorale al nucleo, del messaggio che induce la cellula a moltiplicarsi. Bloccare questo passaggio può produrre un effetto terapeutico, perché riduce la proliferazione del tumore”.
L’oncologo ricorda che sono stati sviluppati farmaci inibitori di questi enzimi-PI3K. “Attualmente – sottolinea Zamagni – c’è un solo farmaco a disposizione delle donne che presentano questa mutazione, perché gli altri sono stati abbandonati per eccessiva tossicità. Questo farmaco biologico inibitore di PI3K è stato testato in uno studio internazionale (Solar 1) che ha coinvolto oltre 570 pazienti con tumore mammella metastatico Hr+ Her2-, in progressione a un precedente trattamento con inibitore dell’aromatasi (Ia). Il gruppo che ha ricevuto l’inibitore del PI3K con un antagonista competitivo del recettore per gli estrogeni ha avuto un ritardo nel tempo di progressione della malattia. Il farmaco, cioè, prolunga il tempo…
Fonte www.adnkronos.com 2022-02-28 09:29:42