E’ durato oltre quattro ore l’esame del vicequestore della Dia, Michelangelo Di Stefano, dinanzi alla Corte d’assise d’Appello, presieduta da Bruno Muscolo, a latere, Giuliana Campagna. Rispondendo alle domande del Procuratore aggiunto della Dda Giuseppe Lombardo, il funzionario di polizia ha affermato che «Cosa nostra e ‘Ndrangheta, da sempre, sono la stessa cosa», come riscontrato in numerosi summit tra esponenti delle due consorterie criminali per stabilire accordi e percorsi comuni.
L’investigatore, sul ruolo e sui contatti tra ‘Ndrangheta ed eversione nera, ha ricordato la data del 26 ottobre del 1969, quando un pattuglione della squadra mobile reggina, guidato da Alberto Sabatino e coordinato dal questore Emilio Santillo, sorprese un centinaio di ‘ndranghetisti in pieno Aspromonte, a due passi dal Santuario della Madonna della Montagna di Polsi, intenti a discutere la riorganizzazione della criminalità reggina. «Insieme a personaggi della ‘Ndrangheta – ha detto Di Stefano – presentati dal boss Paolo De Stefano avrebbero partecipato a quella riunione – ma non furono arrestati – il principe Junio Valerio Borghese, il marchese Felice Zerbi, Bruno Di Luia, Stefano Delle Chiaie, Pierluigi Concutelli, che saranno presenti a Reggio Calabria durante i moti per il capoluogo del 1970», esponenti noti delle così dette «trame nere». La successiva riunione si tenne nel 1970 a Catania, presenti Masino Buscetta, Pippo Calderone, Giuseppe Di Cristina e Luciano Liggio, allora latitante, sempre con il medesimo obiettivo: appoggiare, o meno, il tentativo di golpe di Valerio Borghese.
Michelangelo Di Stefano, su richiesta del Procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, ha ricordato il summit del 1975 al ristorante il Fungo, a Roma, cui presero parte Giuseppe Piromalli, Paolo De Stefano, Pasquale Condello, Giuseppe Nardi, personaggio di raccordo tra i De Stefano e la banda della Magliana, l’imprenditore Carmelo Cortese, iscritto alla P2 a diretto…
Fonte reggio.gazzettadelsud.it 2022-02-24 18:44:53