Arroganza e prepotenza. Sia che provengano da ambienti legati alla criminalità, sia da persone che per gli incarichi ricoperti dovrebbero essere insospettabili. Nell’uno e nell’altro caso a farne le spese è, soprattutto, chi fa il proprio lavoro informando la comunità senza guardare in faccia a nessuno, senza lasciarsi intimorire o influenzare.
Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Michienzi – ex braccio armato della cosca Anello-Fruci di Filadelfia – hanno riaperto uno squarcio sulle minacce al giornalista Antonio Sisca (docente di Lettere in pensione), da ben 33 anni corrispondente da Filadelfia della Gazzetta del Sud, un cronista «da sistemare» perché “scomodo” al clan e al capo cosca.
Vicende che risalgono all’arco di tempo compreso tra il 2008 e il 2011 ma alle quali va ad aggiungersi – anche se in questo caso il movente è da ricercare altrove sebbene legato sempre all’attività di giornalista – un messaggio minatorio recapitato a Sisca non più tardi di quindici giorni fa. In pratica aprendo la cassetta delle lettere, ubicata in prossimità dell’ingresso principale della sua abitazione (quella generalmente usata si trova invece su un altro ingresso che rientra nel raggio del sistema di videosorveglianza) il giornalista ha trovato all’interno un foglio bianco su cui, con una biro, erano stati disegnati una specie di triangolo (a mo’ di bara) e tre croci. «Il foglio piegato non aveva busta – racconta Antonio Sisca – e non so da quanto tempo era nella buca, che si trova in un punto della casa dove ci si può avvicinare senza essere notati, visto che usiamo l’altra. Anche in questo caso ho portato tutto ai carabinieri».
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Fonte calabria.gazzettadelsud.it 2022-02-02 02:30:09