Il boss e il pentito. Mario Mirabile, “reggente” del locale di ‘ndrangheta di Sibari, venne assassinato il 31 agosto del 1990 a Corigliano. Un commando di sicari guidato dall’implacabile killer di Cariati, Antonio Cicciù, lo riempì di piombo mentre alla guida della sua Bmw era fermo a un semaforo. “Don Mario” deteneva il bastone di comando al posto del cognato, Giuseppe Cirillo, costretto a rimanere lontano dalla sua “signoria” mafiosa da un provvedimento giudiziario.
Mirabile era un duro, cresciuto senza dubbi e paure nella Campania attraversata, nel decennio precedente, dalla furia cutoliana. Il suo talento criminale l’aveva fatto diventare, nei primi anni 80, referente a Salerno proprio della Nuova camorra organizzata fondata e guidata dal “professore” di Ottaviano: Raffaele Cutolo.
In Calabria, nel 1990, era tornato per tenere unito il gruppo criminale messo in piedi dal cognato, che controllava tutta la fascia ionica della provincia di Cosenza. Cirillo e Mirabile s’erano resi conto che Santo Carelli, aspirante capobastone di Corigliano forte dell’appoggio di altri potenti padrini del Cosentino e del Crotonese, voleva spazzarli via. Nel “locale” di ‘ndrangheta serpeggiava, insomma, una rivolta. E se Cirillo era stato messo fuori gioco dalla magistratura, Mirabile presidiava invece col pugno di ferro il territorio.
Decretarne la morte, visto il peso delinquenziale accumulato negli anni, non era affare da poco. Fu per questo che il suo assassinio fu deciso dai maggiorenti delle cosche locali e crotonesi.
A raccontare i retroscena è proprio Cicciù che decide di collaborare con la giustizia. La Dda di Catanzaro con l’inchiesta “Galassia” contesta nel ‘ 95 la responsabilità del delitto non solo allo scalpitante Carelli ma pure ai suoi segreti “sostenitori”: i fratelli Giuseppe e Silvio Farao ed a Cataldo Marincola, divenuti incontrastati “mammasantissima” del Cirotano dopo la eliminazione dello…
Fonte calabria.gazzettadelsud.it 2022-01-27 10:30:48